Firenze letteraria: i romanzi ambientati in città

La culla del Rinascimento ha offerto nei secoli uno scenario suggestivo e complesso per una grande quantità di opere narrative, ispirate spesso dal suo straordinario patrimonio artistico. Strade, chiese e musei hanno fatto da sfondo a capolavori della letteratura “di livello” così come ad alcuni dei maggiori successi commerciali degli ultimi decenni. Come già fatto alcuni mesi fa per i film ambientati a Firenze, vi proponiamo una selezione di titoli italiani e stranieri che vedono la città come teatro dei loro intrecci.

 

I romanzi ante litteram

Iniziamo con due opere che non possono essere classificate come romanzi nel senso moderno del termine, ma che costituiscono una introduzione storica di grande rilevanza.

La Vita Nuova di Dante Alighieri, che risale approssimativamente al 1292, può essere considerato uno dei primi lavori letterari ambientati a Firenze. Il sommo poeta offre una rappresentazione intima e personale della città, sfondo del suo amore idealizzato per Beatrice.

È invece maggiormente connessa alle cronache del suo tempo, nonché premonitrice del nostro passato recente, la premessa del Decameron di Giovanni Boccaccio. Articolata in cento novelle scritte tra il 1349 e il 1351, l’opera racconta la vicenda un gruppo di giovani che si rifugia nella campagna fiorentina per sfuggire alla peste nera che imperversa in città. A turno, ognuno dei protagonisti narra una storia che li aiuti a trascorrere le lunghe giornate di isolamento. Una lettura antica dai risvolti attuali, che ha combattuto per secoli con la censura ecclesiastica a causa della presunta immoralità dei suoi contenuti.

 

I libri che hanno ispirato il cinema

Tra i titoli italiani che sono stati traghettati con successo nelle sale cinematografiche figura Le ragazze di San Frediano, scritto da Vasco Pratolini nel 1949. Il britannico E. M. Forster è invece l’autore di Camera con vista (1908), mentre sono di penna americana i romanzi che hanno trovato il maggiore riscontro di pubblico. Anche grazie alla visibilità delle pellicole che da essi sono tratte, Hannibal di Thomas Harris (1999) e Inferno di Dan Brown (2013) sono stati infatti dei veri casi letterari. Per un approfondimento sulle trame di tutti questi libri vi rimandiamo all’articolo sulla Firenze del grande schermo.

 

Le saghe

Quattro romanzi che raccontano la storia della famiglia più importante di Firenze e dei molti intrighi che ne accompagnarono la parabola. Si tratta del ciclo I Medici, scritto da Matteo Strukul a partire dal 2017, che segue le gesta dei più influenti membri del casato. Si parte dall’ascesa di Cosimo il Vecchio con il primo romanzo della serie, Una dinastia al potere. Il capitolo successivo, Un uomo al potere, racconta le vicende di Lorenzo il Magnifico, mentre i due romanzi conclusivi, Una donna al potere e Fine di una dinastia, seguono Caterina e Maria nella loro scalata al trono di Francia come regine consorti.

Di tutt’altro genere è la nutrita saga di Marco Vichi dedicata al Commissario Bordelli. Inaugurata nel 2002 con il romanzo omonimo, mette in scena le indagini del suo protagonista nella cornice della Firenze degli anni Sessanta. Ad oggi sono ben quattordici i romanzi pubblicati, tutti legati alle avventure poliziesche di un personaggio che Andrea Camilleri ha definito “un antieroe disilluso ma assolutamente autentico nelle ragioni del suo esistere”.

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La giornata mondiale del latte

  1. Oggi si celebra una ricorrenza che rende merito ad una bevanda che ci accompagna fin dalla prima infanzia. Un alimento che si caratterizza per una grande ricchezza di nutrienti e per un ridotto contenuto calorico, e che viene impiegato per realizzare una quantità sterminata di prodotti gastronomici.

 

Una risorsa globale

Istituita nel 2001 dalla Fao (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), questa giornata si propone di valorizzare il ruolo cruciale che il latte riveste all’interno della nostra dieta. La sua rilevanza a livello planetario è dimostrata da un semplice dato: oltre l’80% della popolazione mondiale consuma regolarmente il latte o un prodotto da esso derivato. Senza contare che le industrie collegate all’allevamento di animali da mungitura e all’elaborazione dei latticini costituiscono una fetta vitale nelle economie nazionali e nel sostentamento diretto di quasi un miliardo di individui.

 

Origine e tipologie

Il latte di mucca è la forma maggiormente consumata nel mondo, prodotta ovunque su larga scala nei paesi industrializzati. Piuttosto comuni sono anche il latte di pecora, di capra e di bufala. Sono invece meno diffuse, per quanto tipiche di molte regioni, varietà come il latte di asina, di cavalla, di cammello, di renna e di yak. Ognuna si contraddistingue per uno specifico profilo nutrizionale, con un diverso apporto di proteine, grassi, zuccheri, vitamine e minerali.

Altrettanto eterogenee sono le tipologie disponibili, frutto di processi lavorativi che ci permettono di apprezzare prodotti diversi per esigenze diverse. Si parte dal latte fresco, che offre una conservazione limitata in quanto non subisce trattamenti termici intensivi, per arrivare al latte pastorizzato e quello UHT, conservabili più a lungo poiché processati a temperature che eliminano i batteri patogeni senza comprometterne le proprietà. La tipologia influenza anche la composizione nutrizionale, con percentuali di grassi diverse nel prodotto intero, parzialmente scremato e scremato. O come nel caso del latte senza lattosio, che rende la bevanda consumabile anche a chi ne è intollerante.

Discorso a parte meritano invece le bevande vegetali, come quelle a base di soia, mandorla, riso, avena e cocco. Si tratta di prodotti che non contengono lattosio, proteine animali o colesterolo, e che di fatto costituiscono una categoria merceologica diversa. Questo si riflette anche sulla denominazione della bevanda stessa. Secondo la legislazione europea, il termine “latte” può essere attribuito nella lingua nazionale unicamente ai prodotti legittimamente riconosciuti: in Italia è il caso del “latte di mandorle” e del “latte di cocco”.

 

I derivati dal latte

Per quanto sia consumato universalmente nella sua originaria forma di bevanda, è sorprendente scoprire la quantità e la varietà degli alimenti che in tutto il mondo vengono prodotti a partire dal latte. Basti pensare alle centinaia di tipologie di formaggio esistenti, ognuna con le sue peculiarità di lavorazione, maturazione, composizione nutrizionale, sapore e consistenza. Come il formaggio, anche ricotta e yogurt sono impiegati sia come alimenti a sé che come ingredienti di numerose preparazioni. Burro e panna, invece, ricavati dalla parte grassa del latte, sono elementi fondamentali della gastronomia di tutto il mondo. Combinati con altri ingredienti danno vita a ricette dolci e salate, nonché a prodotti industriali e artigianali che sono talvolta parte integrante delle tradizioni locali. Tra questi non può mancare il gelato, come abbiamo visto nella prima e nella seconda parte di un excursus delle sue interpretazioni più esotiche in cui è possibile imbattersi a giro per il mondo.

Sono quasi infinite le possibili incarnazioni di questo alimento così fondante per lo sviluppo della nostra specie e per il benessere della vita quotidiana. Un prodotto antico come la civiltà, da sempre riconosciuto come un vero e proprio “oro bianco”.

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Girolamo Savonarola e la festa della Fiorita

Tra le molte ricorrenze che ogni anno animano la primavera fiorentina, la festa della Fiorita del 23 maggio trae origine da un episodio piuttosto cupo nella storia della città. La cerimonia prevede una messa a Palazzo Vecchio, una sfilata del Corte Storico e un lancio di fiori in Arno.

 

Una figura controversa

Sailko, CC BY 3.0 via Wikimedia Commons

La stagione primaverile di Firenze è costellata di eventi che richiamano la lieta tradizione delle maggiolate. La festa della Fiorita, chiamata anche Infiorata, si distingue da esse per un carattere più solenne, che richiama un atto di compassione seguito alla violenta morte di Girolamo Savonarola.

Il frate domenicano, ferrarese di nascita ma adottato a Firenze come lettore e priore del convento di San Marco, fu un vero protagonista nella vita religiosa e politica della città negli ultimi anni del XV secolo. Le sue predicazioni, volte spesso a denunciare la corruzione dei regnanti e del clero, lo elessero a figura carismatica e discussa, e gli valsero una grande quantità di ammiratori come di nemici. Le sue posizioni intransigenti, spesso causa di contestazioni e tumulti, infiammarono letteralmente la città. Durante un celebre “falò delle vanità”, il religioso appiccò il fuoco ad una grande quantità di opere d’arte, gioielli e vestiti, con l’intento di mostrare quali oggetti dovessero essere considerati peccaminosi.  Scomodo alle masse quanto ai potenti, Savonarola fu presto scomunicato e processato per eresia.

 

L’esecuzione e l’omaggio

G. Monasta, CC BY-NC-SA 4.0

Trascinato via da San Marco e rinchiuso nell'”alberghetto”, una cella nella torre di Arnolfo a Palazzo Vecchio, Savonarola fu interrogato, torturato e infine condannato a morte. Il 23 maggio 1498 fu condotto insieme a due confratelli ad un patibolo innalzato in piazza della Signoria. Fu impiccato ed arso davanti alla popolazione, per poi essere gettato in Arno dal Ponte Vecchio per evitare che le sue ceneri fossero sottratte e fatte oggetto di venerazione da parte dei seguaci.

Durante la notte il punto in cui avvenne il martirio fu cosparso di fiori, foglie di palma e petali di rose. Fu da quel gesto di pietà, omaggio alla memoria del predicatore, che nacque la tradizione della Fiorita, celebrata annualmente ancora ai giorni nostri.

 

La rievocazione

G. Monasta, CC BY-NC-SA 4.0

La giornata ha inizio con una messa nella Cappella dei Priori di Palazzo Vecchio. A questa segue la marcia del Corteo Storico della Repubblica Fiorentina, che da Piazza della Signoria raggiunge il Ponte Vecchio. Qui ha luogo il cuore della cerimonia, con un lancio di fiori in Arno a ricordo di quel primo omaggio di tanti anni fa.

In piazza della Signoria è facile ancora oggi rintracciare il punto dove avvenne l’esecuzione di Savonarola. Una lapide di granito rosso fu incastonata nel piano stradale in sostituzione di un tassello di marmo dove un tempo veniva collocato il Saracino nel gioco della giostra. Molti turisti attraversano la piazza senza notare il blocco di pietra, attratti dall’architettura di Palazzo Vecchio, dal David o dalla Galleria degli Uffizi che sorge a fianco. Ma la lapide è là, a testimonianza di uno degli avvenimenti che per la città di Firenze segnarono il passaggio dal medioevo all’età moderna.

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Il miele tra nutrizione e gusto

Il 20 maggio di ogni anno si festeggia la giornata mondiale delle api, una ricorrenza istituita dall’assemblea generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pubblica sui delicati equilibri che regolano la vita degli impollinatori. È anche l’occasione per conoscere alcune curiosità che riguardano il prodotto apistico per eccellenza, ingrediente irrinunciabile della gastronomia di tutto il mondo: il miele.

 

Il valore della salvaguardia

In un articolo di alcuni mesi fa ripercorrevamo l’importante ruolo che gli impollinatori rivestono nel nostro ecosistema, e quali comportamenti possiamo intraprendere in termini di sostenibilità produttiva e preservazione della biodiversità. Un’iniziativa che l’Antica Gelateria Fiorentina abbraccia ormai da svariati anni è l’adozione di due diversi alveari al fine di proteggere e valorizzare l’apicoltura locale.

Lo sviluppo di una produzione che tuteli ogni elemento della catena biologica è infatti fondamentale anche nell’ottica degli ingredienti che arrivano sulle nostre tavole. Come il miele che insieme a yogurt e cannella rende unico il nostro gelato Ambrosia, un gusto che dalla sua nascita molti anni fa non abbiamo mai smesso di realizzare.

 

Dagli Egizi ai giorni nostri

Del resto per millenni il miele è stato l’unico alimento zuccherino disponibile, un ingrediente insostituibile dal punto di vista di un corretto apporto energetico. Nell’antico Egitto era impiegato in una varietà di applicazioni, non solo alimentari ma anche mediche e rituali. Veniva infatti utilizzato per curare i disturbi digestivi e per ottenere degli unguenti lenitivi, e addirittura conservato in grandi coppe deposte accanto alle mummie per accompagnare i defunti nel loro viaggio nell’aldilà.

L’elenco delle popolazioni che lo usavano regolarmente è lungo: tra i Babilonesi erano diffuse delle focaccine realizzate con miele, datteri e sesamo, mentre i Greci lo consideravano “cibo degli dèi”. I Romani ne ottenevano invece alimenti come birra, idromele e salse agrodolci, ma lo utilizzavano ampiamente anche come conservante.

Fu a partire dal Medioevo che il ruolo del miele si ridimensionò progressivamente, soprattutto dopo l’introduzione dello zucchero industriale come agente dolcificante. In tempi più recenti questo prodotto è stato però oggetto di un rinnovato interesse, grazie anche alle molte proprietà che gli vengono riconosciute.

 

Benessere e bontà

Sebbene sia da considerarsi un alimento estremamente calorico e debba quindi essere assunto con moderazione all’interno di una dieta energicamente bilanciata, il miele merita la posizione che ricopre nella nostra alimentazione grazie ad alcuni benefici che può fornire all’organismo. Sembra infatti che un consumo misurato possa giovare a muscoli, cuore, fegato e apparato digerente, con un effetto che varia anche in base alla tipologia. Ad esempio, calmante e sedativo per il miele di tiglio e di agrumi, o ricostituente e remineralizzante per quello di castagno.

Ma come viene impiegato oggi in ambito culinario? Al di là della sua semplice funzione dolcificante, trova un primo utilizzo nella realizzazione di salse, glasse e marinate. La sua versatilità lo rende un ingrediente chiave anche nelle ricette salate dal carattere agrodolce, valorizzando così una varietà di antipasti, primi e secondi. Qualche esempio? Un risotto con miele e salsa di soia, oppure un’insalata con radicchio, noci e formaggio di capra condita con una vinaigrette di miele e aceto balsamico. E per finire con il dessert, un classico della tradizione toscana: un panforte di Siena preparato con frutta secca, frutta candita, miele e spezie.

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L’alchermes, storia e curiosità di un liquore fiorentino

Da sempre vino e liquori rappresentano una delle categorie di maggior rilievo tra i prodotti gastronomici toscani più apprezzati ed esportati nel mondo. Tra questi figura una bevanda il cui nome suggerisce una provenienza esotica, ma che per nascita e diffusione è legata alla storia di Firenze.

 

Il buon bere in Toscana

Se il vino Chianti costituisce di per sé un’attrattiva sufficiente a rendere l’omonima area un vero paradiso dell’enologia, non è l’unico prodotto degno di nota nel panorama regionale. Lo accompagnano il Vin Santo come vino da dessert e il Galliano come digestivo, mentre nell’ambito della mixology l’eccellenza locale è rappresentata dal Negroni, che ormai da anni detiene il titolo di cocktail più consumato del pianeta.

In questo scenario, l’alchermes si ritaglia uno spazio più settoriale a causa della sua applicazione, legata soprattutto a varie preparazioni dolciarie come la zuppa inglese.

 

Al-qirmiz, alquermes, alchermes

Non è chiaro in quale momento attraverso l’arabo e lo spagnolo il termine abbia iniziato ad essere utilizzato anche in italiano. Il nome si riferisce in ogni caso alla cocciniglia, un insetto dal quale in passato si otteneva un colorante naturale per tessuti ed alimenti. La stessa etimologia riguarda anche la parola “cremisi”, non a caso impiegata spesso per descrivere il rosso intenso che contraddistingue il liquore.

Altrettanto nebulosa è l’origine della bevanda stessa, ma è presumibile che una prima versione dell’alchermes sia sopraggiunta in Italia dal Medio Oriente attraverso l’importazione spagnola. La prima produzione documentata del liquore che conosciamo oggi risale al medioevo, ad opera dell’ordine religioso fiorentino di Santa Maria dei Servi. Sembra che Lorenzo il Magnifico lo apprezzasse particolarmente, e che lo offrisse ai suoi ospiti durante riunioni e convivi con pittori, scultori e poeti. La sua preparazione sarebbe stata ufficialmente definita solo nel 1743 presso l’Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella, dove era considerato un elisir di lunga vita dalle molte proprietà benefiche. Nel frattempo, però, l’alchermes aveva raggiunto diffusione tale da essere conosciuto in Francia come “liquore dei Medici”.

 

Dessert e rimedi popolari

Lungoleno, CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons

Il sapore dolce e speziato dell’alchermes deriva da una miscela di fiori di anice, cannella, chiodi di garofano, cardamomo, acqua di rose, gelsomino, scorza d’arancia, vaniglia e zucchero. Le sue caratteristiche lo rendono indispensabile nelle preparazioni di pasticceria di varie regioni d’Italia. Oltre alla già citata zuppa inglese, viene utilizzato per la produzione delle pesche dolci, dello zuccotto, della rocciata, della ciaramicola perugina e della faldacchea turese.

Quanto a versatilità e fantasia di impiego, un tempo in Sicilia era uso comune somministrare un cucchiaio di alchermes per combattere i “vermi da spavento”, vale a dire per aiutare i bambini a superare un momento di paura o a tranquillizzarsi dopo un incubo. Un tratto di folclore che in fondo non deve sorprendere per un liquore circondato fin dalla nascita da un’aura di mito e subito diventato, tra scienza culinaria e leggende popolari, parte integrante della cultura italiana.

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Il Maggio Musicale Fiorentino e le feste di primavera

Da quasi un secolo la primavera a Firenze è accompagnata da una carrellata di eventi culturali che vedono la partecipazione dei grandi nomi della musica classica, della lirica, del balletto e della prosa. L’origine di questa rassegna è legata all’antico folclore cittadino delle “maggiolate”.

 

Il festival

A dispetto del nome, il Maggio Musicale Fiorentino si svolge solitamente tra la fine di aprile e l’inizio di luglio. L’ottantasettesima edizione, inaugurata poche settimane fa, vede in scena tra i molti artisti anche Roberto Bolle con il suo spettacolo “Caravaggio” e il direttore onorario Zubin Metha. Tra i grandi classici come la Salome di Richard Strauss e la sempre rappresentata Aida di Giuseppe Verdi, la manifestazione riserva il palco anche ai giovani talenti della musica, con le serate dedicate all’Orchestra dei Ragazzi, evento riservato alle scuole, e al Progetto Giovani Musicisti con gli allievi del conservatorio Luigi Cherubini.

Il festival si inscrive in realtà all’interno di una più ampia stagione annuale, che da gennaio a dicembre propone un calendario ricchissimo di appuntamenti. Molte iniziative sono anche orientate ad un maggior coinvolgimento del pubblico, con incontri speciali e giornate destinate a scuole e famiglie.

 

Esperienze per ogni età

Il Maggio Musicale Fiorentino ha la sua sede principale nel moderno complesso architettonico realizzato alcuni anni fa tra Porta al Prato e il parco delle Cascine. Un’ambiente eclettico, che ben riflette la natura multiforme dell’istituzione che ospita.

Oltre alla stagione principale dedicata ai concerti, all’opera e alla danza, il Teatro porta la propria musica al di fuori delle mura di Firenze, con due serate che nel corso di giugno si terranno ad Arezzo e Ravenna. Sono invece più numerose le rappresentazioni rivolte alle famiglie e agli studenti, con eventi pensati per gli spettatori più piccoli e incontri speciali con gli artisti. Infine, molti dei maggiori appuntamenti in agenda sono preceduti da una guida all’ascolto, che permette di approfondire in modo ragionato alcune delle tematiche chiave di quanto sta per andare in scena.

 

Le maggiolate fiorentine

G. Monasta, CC BY-NC-SA 4.0

Qual è dunque l’origine del nome del festival, nonché dell’idea stessa di una manifestazione primaverile dedicata alla musica? Alla base di tutto c’è la tradizione del calendimaggio, un’antica festa pagana, diffusa anche in altre regioni d’Italia, che onorava il gioioso arrivo della bella stagione con balli e rappresentazioni teatrali. Queste cerimonie erano conosciute anche con il nome di maggiolate, come le composizioni che si cantavano per l’occasione.

Ancora oggi la città del giglio celebra questa ciclica rinascita con iniziative come la festa della Fiorita e il Trofeo Marzocco di gioco della bandiera, insieme ad una quantità di eventi piccoli e grandi che in questo periodo fanno rivivere il vero spirito del calendimaggio.

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Fiorentini illustri: Bernardo Buontalenti

Nella storia della gastronomia il nome di Bernardo Buontalenti appare spesso come l’inventore del gelato moderno. Il talento di questo poliedrico pensatore si espresse tuttavia in numerosi campi, al punto da renderlo una delle figure più influenti nel panorama fiorentino della sua epoca.

 

Un vero uomo del Rinascimento

Sailko, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

Quando si pensa ad un personaggio che con il suo ingegno ha rivoluzionato ambiti diversissimi tra loro e appartenenti sia alla sfera umanistica che a quella scientifica, Leonardo da Vinci è senz’alto il primo che viene in mente. Bernardo Buontalenti mostrò però un estro altrettanto eclettico, riportando notevoli risultati come scultore, pittore, ingegnere militare e scenografo.

Alla morte di Giorgio Vasari, avvenuta nel 1574, Buontalenti diventò architetto di corte durante il governo di Francesco I de’ Medici. In questa veste si occupò di tutte le committenze cittadine, progettando tra le altre opere anche la cosiddetta Grotta Grande del giardino di Boboli, una struttura che combina con straordinaria originalità elementi di architettura, scultura e pittura.

Dedito nello stesso periodo anche alle sperimentazioni di carattere culinario, su incarico del Granduca iniziò a lavorare ad una nuova ricetta, quella di un dessert che potesse strabiliare gli ospiti di palazzo durante le visite ufficiali.

 

Un’invenzione fiorentina

In realtà sono due i nomi riportati dalle cronache in merito all’introduzione della moderna ricetta del gelato. Prima ancora di Buontalenti, sembra infatti che l’idea di un “dolcetto gelato” fosse venuta ad un altro fiorentino, tale Ruggeri, di professione pollivendolo. Secondo quanto raccontato, l’improvvisato cuoco partecipò ad un concorso culinario con una sorta di sorbetto ante litteram, del ghiaccio aromatizzato e zuccherato. La sua proposta conquistò il favore di Caterina de’ Medici, che decise di assumerlo come cuoco personale e di diffondere la sua creazione presso le corti di Francia.

Fu forse a partire da questa prima versione che qualche anno più tardi Buontalenti realizzò la ricetta che lo rese celebre. In occasione della visita ufficiale di una delegazione spagnola, progettò un composto che prevedeva l’utilizzo di ghiaccio, sale, limone, vino, latte, zucchero, tuorlo d’uovo e miele. Nelle parole del Granduca, tale proposta avrebbe dovuto essere abbastanza sorprendente da “far rimanere come tanti babbei gli stranieri”. Era nata la crema fiorentina per antonomasia.

 

Il gelato Buontalenti oggi

Jam Down Foodie, CC BY-NC 4.0

Quello che ai giorni nostri conosciamo come “gusto Buontalenti” è la moderna interpretazione di quella prima ricetta. La rivisitazione fu inizialmente realizzata dalla storica pasticceria Badiani nel contesto di un concorso indetto alla fine degli anni 60 del Novecento, ma nel corso degli anni il successo di questo gelato ha aperto la strada a molti adattamenti.

Oggi moltissime gelaterie propongono questo gusto, rendendo merito ad un’intuizione che ha continuato a confermarsi valida nel corso dei secoli. Anche all’Antica Gelateria Fiorentina omaggiamo la ricetta originale lavorando con attenzione latte, panna, uovo e zucchero. Ne otteniamo così una versione delicata e non troppo dolce, pensata per esprimere al meglio la sensibilità attuale e ricordare la nascita del nostro dolce preferito.

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MIDA 89, alla Fortezza il meglio dell’artigianato internazionale

Dal 25 aprile al 1° maggio Firenze ospita uno degli eventi annuali di maggior rilievo per la città. Promossa e organizzata da Firenze Fiera, la Mostra dell’Artigianato giunge alla sua ottantanovesima edizione per presentare come sempre le eccellenze del made in Italy e del “saper fare” internazionale.

 

L’esposizione

MIDA nasce nel 1931 come prima mostra-mercato dell’artigianato in Italia. La sua storia evidenzia il forte legame con il territorio fiorentino, che da sempre valorizza questo settore e ne sostiene il fondamentale ruolo nel tessuto economico e sociale.

Tradizione e ricerca, qualità e varietà delle proposte. Sono questi i paradigmi che guidano anche questa edizione dell’evento, che si tiene nell’usuale cornice della Fortezza da Basso. Con oltre 500 espositori provenienti da tutto il mondo, gli stand sono disseminati tra i vari padiglioni su una superficie di 35mila metri quadrati. Gli ambiti di interesse spaziano dalla moda alla cuoieria, dalla gioielleria alla ceramica, dalla profumeria alla gastronomia. All’esposizione si affiancano i laboratori  delle officine esperienziali, con un ricco programma di attività pensate per consentire ai visitatori di osservare dal vivo il lavoro dei maestri artigiani.

 

Gli eventi speciali

Tra gli appuntamenti in calendario spiccano le mostre e gli incontri dedicati ad iniziative specifiche. Come la Galleria dell’Artigianato, che presenta le opere di circa 30 creatori toscani, e gli allestimenti riservati alle arti orafe, al restauro e alla storia urbana di Firenze. Non mancano le proposte di ambito culinario, con degustazioni e svariati cooking show previsti nel corso della kermesse. L’expo Abita, invece, presente anche nelle edizioni passate a fianco degli spazi del MIDA, è destinata al mercato dell’arredamento, del design e dei servizi per la casa.

 

Appuntamento alla Fortezza

Incassato il successo ottenuto lo scorso anno, con 65mila visitatori registrati, la mostra è visitabile a partire 25 aprile alla 1° maggio dalle 10 alle 20. L’area ristorazione, aperta dalle 10 alle 22, sarà invece accessibile liberamente dalle 20. Sul sito ufficiale è anche possibile acquistare anticipatamente il biglietto così da evitare la fila all’ingresso.

Infine, MIDA offre l‘opportunità di conoscere da vicino quella che dal 1978 è la sede espositiva della mostra. Previa prenotazione è infatti possibile effettuare una visita guidata agli spazi più nascosti della Fortezza da Basso. Un’occasione per turisti e fiorentini di scoprire i segreti dell’imponente rocca medicea, da sempre protagonista della storia passata e presente della città.

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La domenica di Pasqua e lo scoppio del carro

Per molti fiorentini il giorno di Pasqua è dedicato ad un evento che riveste un particolare significato nell’ottica dell’identità cittadina. Si tratta di una spettacolare rievocazione storica che raggiunge il suo apice durante la cerimonia pirotecnica dello scoppio del carro.

 

Un fuoco sacro

G. Monasta, CC BY-NC-SA 4.0

L’origine della festa risale alla prima crociata e all’assedio di Gerusalemme posto dai Cristiani per riconquistare la Palestina. Secondo la tradizione, fu il nobile fiorentino Pazzino de’ Pazzi a scalare per primo le mura della città. Per quest’impresa il leggendario cavaliere ricevette in dono tre pietre del Santo Sepolcro, che sono tuttora conservate a Firenze nella chiesa dei Santi Apostoli. A seguito della liberazione di Gerusalemme, nel giorno del Sabato Santo, i crociati si radunarono in preghiera e distribuirono il fuoco benedetto, simbolo di purificazione.

Al ritorno di Pazzino a Firenze, questo rito iniziò ad essere rievocato con un fuoco acceso utilizzando le tre pietre. Con la successiva introduzione di un carro, chiamato “Brindellone”, che permetteva di trasportare i carboni infuocati attraverso la città, la cerimonia divenne sempre più articolata ed assunse progressivamente le caratteristiche che conosciamo oggi.

 

Razzi e fuochi d’artificio

G. Monasta, CC BY-NC-SA 4.0

La mattina di Pasqua, il carro viene dunque trainato lungo le vie del centro da due coppie buoi adornati di ghirlande. Raggiunge quindi la cattedrale di Santa Maria del Fiore, dove si svolge il cuore dell’evento. Un filo di ferro viene teso, su una lunghezza di circa 150 metri, tra l’altare maggiore del duomo e il carro posizionato nella piazza, proprio davanti all’ingresso. Davanti ad un folto pubblico, un razzo dalle sembianze di una colomba viene lanciato lungo il filo così che possa attraversare sibilando la navata centrale fino ad innescare i fuochi d’artificio del Brindellone. Una pioggia di scintille illumina allora la piazza. In un fragoroso susseguirsi di esplosioni, il fuoco purificante viene simbolicamente distribuito alla popolazione.

 

Come si svolge la rievocazione

G. Monasta, CC BY-NC-SA 4.0

Per coloro che vogliono assistere alle varie fasi della festa, la processione partirà alle 10 dal piazzale del Prato. Scortato da 150 tra figuranti e sbandieratori del Corteo Storico della Repubblica Fiorentina, il Brindellone raggiungerà piazza del Duomo e sarà allestito per lo scoppio. Alle 11 si svolgerà quindi la parte centrale della manifestazione, con l’accensione del razzo che darà il via alla sequenza pirotecnica.

Tutta la piazza assisterà allo spettacolo con un occhio sul carro ed uno sulla colombina: secondo il folclore, è fondamentale infatti che quest’ultima rientri in chiesa e completi la sua corsa verso l’altare dopo aver incendiato il Brindellone. Come facevano i numerosi contadini che dalla campagna fiorentina accorrevano ogni anno per l’evento, la tradizione prevede che dall’esisto di questo volo si traggano gli auspici per il futuro raccolto.

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CiokoFlò, il festival fiorentino del cioccolato

Dal 10 al 13 aprile piazza Santa Croce ospita la prima edizione di CiokoFlò, un’iniziativa interamente dedicata al prodotto artigianale più amato da grandi e piccini. Con i suoi 60 stand e un David di cioccolato alto più di 2 metri, il festival raduna a Firenze un esercito di famiglie, appassionati e professionisti.

 

L’eccellenza del settore dolciario

Sono 40 gli espositori che giungono da tutta Italia per presentare il meglio della produzione nazionale. La manifestazione si svolge nell’ampia piazza che fronteggia la basilica Santa Croce, uno degli spazi nel cuore di Firenze che più si presta a questo tipo di eventi. L’intento è quello di promuovere il lavoro dei maestri cioccolatieri e permettere ai partecipanti di scoprire le infinite sfumature del cioccolato. Sfilando tra le bancarelle, i visitatori avranno la possibilità di degustare una vasta gamma di specialità a base di cacao, dalle classiche tavolette alle praline più deliziose, fino alle creazioni maggiormente innovative realizzate con gli ingredienti più inaspettati.

Il programma prevede anche dimostrazioni dal vivo, laboratori, installazioni artistiche e incontri con esperti del settore, che consentono ad esempio di entrare in contatto con le migliori tecniche di lavorazione. Una vera “fabbrica del cioccolato” con svariate attività adatte a tutte le età. Un occhio di riguardo è riservato anche alla valorizzazione del territorio fiorentino e toscano, che nella diffusione di questo prodotto ha avuto un ruolo sconosciuto ai più.

 

Una scoperta sorprendente

Tra i grandi navigatori fiorentini che hanno influenzato la storia dell’esplorazione, quello che solitamente viene citato è Amerigo Vespucci. Di contro, Francesco Carletti è talvolta ricordato come primo viaggiatore privato ad aver circumnavigato il globo, a partire dalla fine del XVI secolo, senza l’appoggio finanziario di sovrani o papati. Il suo nome è legato però anche all’introduzione in Europa di alcuni prodotti esotici, originari del Nuovo Mondo, che contribuì a diffondere. Tra questi ci sono le patate, svariati frutti tropicali e la pianta del cacao.

Nel suo scritto Ragionamenti di Francesco Carletti, Fiorentino, sopra le cose da lui vedute ne’ suoi viaggi, il navigatore racconta infatti di alcune bacche che potevano essere abbrustolite, schiacciate e mescolate ad acqua calda e zucchero, così da ottenere una bevanda chiamata “cioccolatte” dagli Indiani. Lo stesso Carletti si dichiarò così assuefatto allo squisito ritrovato da poterne difficilmente fare a meno per un intero giorno.

Una volta rientrato a Firenze, l’esploratore fu accolto alla corte di Ferdinando I de’ Medici, al quale dedicò le sue memorie. Per quanto non sia stato il solo ad imbattersi nella pianta del cacao e nei suoi derivati, il suo apporto fu determinante per consentirne la diffusione in Italia e far sì che giungesse fino ai giorni nostri.

 

Quattro giorni di bontà

Appuntamento dunque il 10 aprile per l’inaugurazione di CiokoFlò. Tra le proposte più attese si distinguerà un enorme David di Michelangelo realizzato interamente di cioccolato. Una vera opera d’arte dolciaria, che come osservato dallo scultore e maestro cioccolatiere Mirco Della Vecchia dà “colore e profumo ad una scultura di marmo creando così un contrasto tra la freddezza e la purezza del marmo e il calore avvolgente e il profumo intenso del cioccolato”. Basta già questo a dar valore al proposito di rendere Firenze, almeno per qualche giorno, una vera capitale del gusto.

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