Overtourism a Firenze: le strategie per un turismo sostenibile

Firenze è da sempre una delle mete più ambite al mondo, sinonimo di storia, arte e cultura. La culla del Rinascimento attrae ogni anno svariati milioni di visitatori, impazienti di ammirare capolavori come il Duomo, gli Uffizi e il Ponte Vecchio. Il settore turistico genera un indotto di 5 miliardi di euro, pari al 12% del pil cittadino, e costituisce una risorsa cruciale per l’economia fiorentina. La città, del resto, risponde alla domanda con un numero imponente di hotel, bed and breakfast, ristoranti e altre strutture ricettive. Tuttavia, questo flusso massiccio non è privo di conseguenze.

Come accade per qualunque grande destinazione, un aspetto critico nell’industria dell’ospitalità riguarda il suo impatto in termini di sostenibilità. Le Nazioni Unite ne riconoscono l’importanza celebrando ogni 27 settembre la giornata mondiale del turismo. In occasione di questa ricorrenza parliamo di una tematica che tocca da vicino le città d’arte: il cosiddetto overtourism.

 

Di che cosa si tratta

Quando parliamo di overtourism non ci riferiamo soltanto all’insieme delle trasformazioni innescate dall’incremento dei flussi turistici in una determinata destinazione. Più propriamente, il sovraffollamento turistico riguarda invece le ripercussioni negative che questo produce sull’esperienza dei visitatori e sulla qualità della vita dei residenti. A pagarne le spese sono infatti al tempo stesso turisti e abitanti del luogo, e questi ultimi ne affrontano le conseguenze più evidenti. I servizi pubblici si sovraccaricano, gli affitti aumentano, le attività locali tradizionali lasciano spazio a negozi ad orientamento prettamente turistico.

Sempre più spesso le città che subiscono questo processo si trovano costretto ad applicare provvedimenti mirati ad un controllo dei flussi. È il caso di Venezia, che la scorsa primavera ha introdotto un contributo di accesso al centro storico. Ed è di pochi giorni fa la proposta di un ingresso a numero chiuso per la Fontana di Trevi, che potrebbe riguardare coloro che visitano Roma già dai prossimi mesi. Si tratta d’altra parte di disposizioni già viste in varie città europee, che sono peraltro teatro frequente di scenografiche proteste volte a sensibilizzare la popolazione sulle difficoltà legate al sovraffollamento turistico.

 

Il caso di Firenze

Dopo la battuta d’arresto causata dalla pandemia, anche nella patria di Dante gli ultimi anni hanno visto una decisa ripresa del turismo. La conseguenza più immediata è l’invasione di gruppi che soprattutto in alta stagione visitano la città senza avere il tempo di apprezzare ciò che vedono. Il centro storico si trasforma così in una sorta di parco a tema dove le attività tradizionali vengono rimpiazzate da bar, fast food e negozi di souvenir.

Nell’ambito della ristorazione, alcuni professionisti hanno evidenziato come questa crescita incontrollata comporti una riduzione degli standard qualitativi e una difficoltà nel preservare le eccellenze culinarie locali. In tal senso è emblematica la vicenda dello chef Simone Cipriani, che poco più di un mese fa ha chiuso il suo ristorante a San Frediano pur di mantenere l’integrità della sua idea di cucina. Un sentimento condiviso da molti ristoratori, che insieme agli inconvenienti dovuti agli alti costi di gestione affrontano una concorrenza costituita spesso da offerte di bassa qualità e incentrate esclusivamente su un approccio commerciale.

Del resto il fenomeno riguarda anche altri aspetti dell’ospitalità, a cominciare dal sempre crescente numero di appartamenti destinati alle locazioni turistiche brevi. Per arginare il progressivo spopolamento del centro, la giunta comunale ha annunciato nuovi provvedimenti volti alla salvaguardia dell’identità cittadina.

 

La scelta di un turismo responsabile

Affrontare l’overtourism non significa scoraggiare il turismo, ma piuttosto promuovere un’idea di viaggio più consapevole e sostenibile. Una soluzione efficace consiste nell’incentivare le visite fuori stagione e la scelta di attrazioni meno note e frequentate. Un approccio che passa anche dall’educazione del turista, e che specialmente nel caso delle città d’arte permette di valorizzare quartieri e destinazioni autentici.

In quest’ottica, a Firenze molti ristoratori hanno trasferito la loro attività fuori dalle mura. Si tratta di una decisione coraggiosa e spesso sofferta, indotta dalla volontà di non piegarsi alle logiche di mercato e di favorire invece un modello di business basato su responsabilità, tradizione e genuinità.

Per concludere, una proposta letteraria che offre una riflessione approfondita sul turismo di massa. Il romanzo Grand Hotel Europa, scritto da Ilja Leonard Pfeijffer, prende Venezia come riferimento emblematico, ma i molti spunti che presenta si applicano, e si applicheranno sempre più in futuro, anche alla città di Firenze.

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