L’arte a Firenze: il David

È una delle opere che più rappresentano Firenze nel mondo, riprodotta in infinite varianti a beneficio di ogni turista che vede di buon’occhio la celebre effigie stampata su cartoline, magneti, magliette e grembiuli. Le sue qualità trascendono tuttavia la pur evidente iconicità che la caratterizza come oggetto di merchandising, tanto da aver costituito un importante punto di svolta nel modo di rappresentare l’essere umano.

 

Una genesi complessa

Il David di Michelangelo detiene facilmente il titolo di capolavoro della scultura mondiale, emblema non solo della città ma del Rinascimento stesso. L’artista lo realizzò tra il 1501 e il 1504, prima ancora di compiere trent’anni. Le cronache dell’epoca riferiscono come il blocco di marmo che gli fu affidato fosse stato scartato da altri scultori a causa delle numerose fenditure, che lo rendevano particolarmente fragile e di difficile lavorazione. La forma stessa del blocco, inoltre, risultava essere oltremodo stretta, tanto da apparire insufficiente per lo sviluppo anatomico della figura. Il timore di tutti era che la statua non sarebbe stata in grado di sopportare il peso dell’intera struttura sulle sole gambe.

Nonostante la scarsa qualità del materiale di partenza, lo scultore della Pietà vaticana si mise al lavoro sull’opera che i fiorentini già chiamavano “il gigante”. Impiegò tre anni per consegnare al mondo il David, che resterà universalmente noto come uno dei suoi maggiori conseguimenti.

 

Originale e repliche

L’opera avrebbe dovuto inizialmente essere collocata su un contrafforte della cupola di Santa Maria del Fiore, nell’ambito di un piano di decorazione scultorea del Duomo promulgato quasi un secolo prima. Constatando l’eccellenza di quanto realizzato da Michelangelo, una commissione istituita appositamente stabilì che il David avrebbe potuto ben rappresentare l’autorevolezza politica della Repubblica di Firenze grazie ad una sistemazione di rilievo. La storia dell’eroe che affronta il gigante Golia poteva infatti essere letta come allegoria della città stessa, pronta a difendere la propria indipendenza contro potenze più grandi. La statua fu dunque posizionata davanti a Palazzo Vecchio e lì rimase per quasi quattro secoli. Nel 1872 trovò ricovero nella Galleria dell’Accademia, dove fu trasferita a causa delle precarie condizioni di conservazione e dove è ammirabile ancora oggi.

Quanto alla prima collocazione in piazza della Signoria, nel 1910 fu innalzata al posto dell’originale una copia realizzata dallo scultore Luigi Arrighetti. Non si tratta dell’unica replica esistente. Una di queste fu donata nel 1857 alla regina Vittoria e trasportata al Victoria and Albert Museum di Londra. La sovrana restò scioccata dalla nudità del David e ordinò il posizionamento strategico di una foglia di fico che rendesse l’opera più tollerabile ai pudichi occhi dei dignitari in visita.

 

Tra forma e contenuto

Le titubanze estetiche della regina tolgono poco allo splendore dell’originale. Il David fu immediatamente celebrato per la sua magnificenza. Nei suoi cinque metri e più di altezza, la statua esprime una forza e una tensione rese ancora più evidenti da un artificio tecnico: Michelangelo ne alterò le proporzioni rendendo più grandi testa e mani e conferendo così all’intera figura la sua notoria armonia.

Lo scultore si discostò dalle consuetudini anche per il tema. A differenza delle interpretazioni precedenti, che si concentravano sullo scontro con Golia, scelse infatti di raffigurare il momento che precede il confronto. Il corpo è immobile ma attraversato da un’energia latente, i muscoli tesi e lo sguardo concentrato sull’avversario invisibile. In questa sospensione, il marmo trasmette una doppia dimensione di fragilità e potenza che rende il David ancora oggi sorprendentemente moderno.

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